Caso pratico di liquidazione del patrimonio

Caso pratico di liquidazione del patrimonio

Il debitore in oggetto è socio di una SNC non più attiva e si trovava in una situazione di sovraindebitamento, ovvero un persistente squilibrio tra obbligazioni assunte, anche in qualità di socio illimitatamente responsabile, e patrimonio prontamente liquidabile, che determinava l’impossibilità di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni. La società non era soggetta alle procedure concorsuali in quanto la stessa non superava le soglie di fallimento ed il sovraindebitato non aveva fatto ricorso o subito provvedimenti secondo la legge 3/2012 nei cinque anni precedenti pertanto era nelle condizioni per poter accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio.

Il soggetto non era in possesso di beni mobili e/o immobili. La proposta è stata formulata con la messa a disposizione dei Creditori di una quota di reddito derivante dal proprio stipendio, in forza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato e di una somma a titolo di finanza esterna messa a disposizione da un terzo, condizionata all’apertura della procedura. Il Giudice ha accolto integralmente la proposta ed aperto la procedura di liquidazione del patrimonio che permetterà al debitore, alla chiusura della stessa, di ottenere l’esdebitazione.

Testo della sentenza

Caso pratico piano del consumatore

Caso pratico piano del consumatore

Il debitore in questione è un soggetto definito dalla normativa “consumatore” in quanto lavoratore
dipendente che non ha mai esercitato impresa commerciale. La situazione di grave indebitamento è iniziata a seguito di una serie di fattori. Il soggetto ha contratto un mutuo ipotecario trentennale per l’acquisto della sua prima casa, successivamente, ha assunto finanziamenti aggiuntivi per far fronte a varie necessità familiari, tra cui spese legali per un contezioso, l’acquisto di un’auto usata per recarsi al lavoro e la ristrutturazione dell’abitazione. Ha inoltre garantito un prestito alla moglie per l’avvio di un’attività imprenditoriale.

Purtroppo gli effetti della pandemia da Covid -19 si sono riversati sulla famiglia del debitore, a causa delle restrizioni e delle chiusure imposte, il soggetto è stato messo in cassa integrazione per un periodo e la moglie ha dovuto cedere l’attività poiché non era in grado di sostenere i costi. La consequenziale contrazione del reddito familiare ha contribuito ad un ulteriore indebitamento, dovendo ricorrere ad altri prestiti per far fronte al sostentamento, e ha portato il debitore ad una situazione di sovraindebitamento, non riuscendo più a rimborsare i finanziamenti assunti.

Il piano della durata di 6 anni è stato omologato mettendo a disposizione della procedura una quota del reddito mensile come stabilito dal Giudice, ed escludendo l’abitazione in quanto prima casa e destinata a residenza del nucleo familiare nonché l’autovettura di scarso valore commerciale e necessaria agli spostamenti per recarsi al lavoro e per le normali esigenze familiari.

Testo della sentenza

Caso pratico di liquidazione del patrimonio

Caso pratico di liquidazione del patrimonio

Il soggetto in questione si trovava in una situazione di grave indebitamento a causa di una malattia che gli è stata diagnosticata e che gli ha richiesto costose cure sperimentali e l’ha costretto a sospendere l’attività lavorativa, attività che rappresentava l’unica fonte di reddito e mantenimento del proprio nucleo familiare. In concomitanza è stato oggetto di un controllo fiscale dal quale è derivato un debito di circa € 1.600.000.

L’istruttoria della pratica ha permesso di verificare i requisiti di accesso alla procedura oggettivi e  soggettivi, nonché l’assenza di negligenza del debitore nel suo operato e la mancanza di dolo o colpa grave. All’epoca del deposito dell’istanza di apertura della procedura, il debitore non era in possesso di beni, mobili e o immobili. Ma la presenza di un credito da riscuotere e di un contratto a tempo indeterminato gli hanno permesso di accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio anche in assenza di beni, mettendo a disposizione della massa creditoria tutti i suoi beni o crediti che sarebbero pervenuti nei successivi quattro anni, nonché tutto il proprio stipendio, trattenendo quanto necessario al sostentamento di sé e del proprio nucleo familiare, come stabilito dal Giudice.

Testo della sentenza

Durata della procedura di liquidazione controllata

Durata della procedura di liquidazione controllata

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) non prevede una durata per la liquidazione controllata.
La durata di tale procedura è strettamente legata al tempo necessario per la liquidazione di tutti i beni facenti parte dell’attivo della procedura stessa. Questo implica che la procedura non può concludersi fintanto che ci sono beni ancora da liquidare, a meno che tutti i creditori non siano stati soddisfatti. Il debitore, ai sensi degli art. 281 e 282 CCII, può ottenere l’esdebitazione una volta decorsi i tre anni dall’apertura, ma la procedura potrà rimane aperta se non sono ancora stati venduti tutti i beni.

L’attività liquidatoria prosegue, però, dopo l’esdebitazione, solo per i beni facenti parte dell’attivo al momento dell’ottenimento dell’esdebitazione stessa. Pertanto non sarà più possibile dopo la dichiarazione di esdebitazione l’apprensione di quote di reddito non ancora maturate in quel momento.
La durata della liquidazione controllata si protrarrà finchè non si sarà proceduto alla liquidazione di tutti i beni, considerato che non è previsto che al verificarsi dell’effetto esdebitario sia emesso un formale provvedimento di chiusura della procedura.

Testo della sentenza

Imprenditore cancellato e concordato minore

Imprenditore cancellato e concordato minore

Imprenditore cancellato e concordato minore L’imprenditore individuale cancellato dal registro imprese può presentare domanda di apertura della procedura di concordato minore liquidatorio ex art 74, comma 2 CCII, in relazione ai debiti contratti nell’esercizio dell’impresa, anche se cessata e cancellata. Infatti quanto stabilito dall’art. 33, comma 4, CCII, apparentemente contrastante, si ritiene riguardi esclusivamente l’imprenditore collettivo la cui cancellazione comporta l’estinzione definitiva ex art. 2945 c.c. Invece l’imprenditore individuale che decide di cessare l’attività sopravvive alla cessazione stessa e perciò, nel caso si trovi in uno stato di sovraindebitamento, per debiti di impresa, non può accedere al piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore ai sensi dell’art. 67 CCII.

A tale procedura può aderire solo il consumatore, definito all’art. 2, comma 1, lett. e), CCII come “persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale”, pertanto la persona fisica che ha accumulato debiti nell’esercizio dell’attività d’impresa non può usufruire di tale procedura. Pertanto, nel caso in cui all’imprenditore individuale cessato in stato di sovraindebitamento fosse negata anche la possibilità di aderire al concordato minore, di tipo liquidatorio, l’unica possibilità per risolvere il sovraindebitamento sarebbe la liquidazione controllata, senza possibilità di accedere a strumenti di risoluzione negoziale, contrariamente alla ratio della disciplina normativa di riferimento.

Testo della sentenza