Nonostante l’articolo 67 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) non preveda espressamente la degradazione del credito privilegiato insoddisfatto a chirografo, la prassi e l’interpretazione sistematica del diritto concorsuale impongono tale trattamento in sede di redazione del piano di ristrutturazione. Si tratta infatti di un principio generale, valido in ogni procedura concorsuale, che mira a garantire una gestione equa e trasparente delle pretese creditorie.
La posizione del credito privilegiato
Nel contesto delle crisi d’impresa, i crediti privilegiati godono di una posizione preferenziale rispetto a quelli chirografari, grazie alla presenza di garanzie reali o privilegiate riconosciute dalla legge. Tuttavia, quando l’attivo patrimoniale non è sufficiente a soddisfarli integralmente, la quota residua del credito perde il suo rango privilegiato.
La mancata previsione dell’art. 67 CCII
L’art. 67 CCII disciplina gli effetti del piano di ristrutturazione omologato, ma non menziona espressamente la necessità di degradare a chirografo la parte insoddisfatta di un credito privilegiato. Ciò potrebbe indurre a ritenere che non vi sia l’obbligo di tale indicazione nel piano. Tuttavia i principi generali impongono il contrario.
Il principio di degradazione: un vincolo sistemico
Giurisprudenza e dottrina sono concordi nel ritenere che la degradazione del credito privilegiato insoddisfatto non sia una facoltà del debitore, bensì una conseguenza automatica e necessaria della mancata integrale soddisfazione del privilegio. La parte non coperta dal realizzo dei beni su cui insiste il privilegio perde il beneficio della prelazione e deve essere trattata al pari degli altri crediti chirografari nel piano.
Implicazioni pratiche per i professionisti
Per i redattori dei piani di ristrutturazione, ciò significa che ogni credito privilegiato deve essere analizzato non solo in termini di esistenza e validità, ma anche in relazione al presumibile realizzo del bene su cui grava. L’eventuale incapienza patrimoniale deve essere espressamente affrontata e riportata nel piano, con la conseguente rielaborazione della posizione creditoria in termini chirografari per la parte insoddisfatta.
Conclusione
La corretta qualificazione e degradazione dei crediti nel piano di ristrutturazione non è solo una questione tecnica, ma anche di equità e rispetto delle regole concorsuali. La mancata previsione esplicita nell’art. 67 CCII non esonera il debitore dall’obbligo di rispettare questo principio generale. Al contrario, è proprio l’adesione a questi criteri sistemici che conferisce al piano quella coerenza e legittimità necessarie per l’omologazione e la tutela dell’interesse collettivo.