Una recente interpretazione della normativa in materia di crisi d’impresa chiarisce un punto importante per i professionisti che, pur avendo cessato la propria attività, intendano definire i debiti contratti in passato. È infatti considerata ammissibile la procedura di concordato minore liquidatorio proposta da un soggetto che, pur avendo operato come professionista (nella specie, un architetto), non è più titolare di partita IVA.
Il chiarimento si fonda sull’interpretazione dell’art. 33, comma 4, del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), che esclude l’accesso al concordato minore solo per l’imprenditore cancellato dal registro delle imprese, limitando quindi l’inammissibilità a tale specifica categoria. La norma non può essere estesa analogicamente ad altre figure, come appunto i professionisti non più attivi, che non rientrano nella categoria degli imprenditori cessati.
In sintesi, un ex professionista può legittimamente accedere al concordato minore per risolvere le passività maturate durante la propria attività, anche se ha ormai cessato l’attività e chiuso la partita IVA. Questa lettura amplia le possibilità di gestione della crisi per soggetti che operano (o hanno operato) al di fuori del perimetro strettamente imprenditoriale.
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