Una recente pronuncia del Tribunale ha chiarito un aspetto rilevante della procedura di liquidazione controllata prevista dall’art. 268 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII): è ammissibile la domanda proposta da un debitore privo di beni, ma titolare di una quota indivisa di un immobile inserito in un fondo patrimoniale, purché lo stesso debitore – con il consenso del coniuge – si impegni formalmente a sciogliere il vincolo e a rendere disponibile l’immobile per la vendita.
Il fondo patrimoniale non è più un ostacolo insormontabile
Il fondo patrimoniale, tradizionalmente destinato a proteggere i beni da azioni esecutive per debiti estranei ai bisogni della famiglia, spesso ha rappresentato un limite alla soddisfazione dei creditori. Tuttavia, in questo caso, il Tribunale ha ritenuto che l’impegno del debitore e del coniuge a sciogliere il vincolo patrimoniale permetta di considerare con ragionevole certezza che l’immobile potrà essere acquisito all’attivo della procedura.
In sostanza, si supera l’apparente assenza di patrimonio liquidabile grazie a un comportamento collaborativo e trasparente del debitore, che si traduce in un’opportunità concreta di soddisfare – anche solo parzialmente – le pretese dei creditori.
Interesse del ceto creditorio e garanzie procedurali
Il Tribunale ha evidenziato che, in mancanza di tale procedura, i creditori non avrebbero altra possibilità di agire sull’immobile. Pertanto, l’apertura della liquidazione controllata risponde all’esclusivo interesse del ceto creditorio.
Va inoltre sottolineato che, qualora il debitore non desse seguito all’impegno assunto – cioè non procedesse effettivamente allo scioglimento del fondo patrimoniale – la procedura potrà comunque essere chiusa per assenza di attivo, e tale comportamento sarà valutato dal giudice al momento dell’emissione del provvedimento ex art. 282 CCII.
Conclusioni
Questa pronuncia rappresenta un passo significativo verso un’interpretazione più flessibile e funzionale dell’istituto della liquidazione controllata. Essa conferma che, anche in assenza di beni immediatamente aggredibili, è possibile avviare una procedura se il debitore dimostra concreta disponibilità a collaborare e a valorizzare potenziali asset altrimenti non accessibili ai creditori.
Un’opportunità, dunque, per chi è in difficoltà, ma intende affrontare la crisi in modo responsabile e trasparente.