Nel panorama delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, il concordato minore rappresenta uno strumento sempre più rilevante per artigiani, professionisti, piccoli imprenditori e start-up che vogliono uscire da situazioni debitorie complesse. Un recente orientamento interpretativo chiarisce un punto decisivo riguardante le modalità di approvazione della proposta in presenza di un creditore “dominante” cioè quando un solo creditore ha più del 50% dei crediti.
Nel concordato minore, la proposta deve essere approvata dai creditori, secondo criteri di doppia maggioranza: per valore (cioè l’ammontare dei crediti) e per teste (cioè il numero dei creditori). Ma cosa succede se un unico creditore detiene oltre il 50% del valore dei crediti ammessi al voto?
In questi casi, per evitare che la volontà di un singolo creditore possa condizionare l’intera procedura, è necessario che la proposta sia approvata anche dalla maggioranza numerica dei “voti espressi”. E qui entra in gioco un chiarimento importante: il termine “voti espressi” include anche i voti favorevoli espressi per silenzio-assenso.
Il silenzio vale come assenso (e viene contato)
L’interpretazione è coerente con la logica del concordato minore, pensato per essere uno strumento snello e orientato alla soluzione, non al blocco della procedura. Proprio per questo, la legge prevede che, in assenza di voto espresso entro il termine, il silenzio del creditore valga come assenso. Questo principio serve a evitare che l’inerzia di alcuni creditori paralizzi la procedura.
Quindi, anche quando un creditore detiene oltre la metà dei crediti, l’omologazione della proposta resta possibile, purché venga raggiunta la maggioranza per teste dei creditori votanti, considerando nel conteggio anche i silenzi-assenso.
Un equilibrio tra tutela del creditore e funzionalità della procedura
Questa interpretazione tutela il bilanciamento tra le parti coinvolte: da un lato, si evita che un solo creditore possa imporre il proprio veto; dall’altro, si mantiene la necessità di un consenso minimo e qualificato tra i creditori.
Conclusione
Il chiarimento sull’interpretazione del concetto di “voti espressi” rafforza la natura pragmatica ed efficiente del concordato minore, confermandolo come uno strumento concreto per uscire dalla crisi in modo ordinato e con il coinvolgimento responsabile dei creditori.