Termini per la contestazione della convenienza nella Ristrutturazione dei debiti del consumatore

Termini per la contestazione della convenienza nella Ristrutturazione dei debiti del consumatore

Nel procedimento di ristrutturazione dei debiti del consumatore, disciplinato dall’articolo 67 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. n. 14/2019, c.d. CCII), è previsto un meccanismo volto a garantire la partecipazione attiva dei creditori nella valutazione della proposta avanzata dal debitore. A tal fine, l’articolo 70, comma 3, CCII, stabilisce che i creditori hanno a disposizione un termine di venti giorni per formulare osservazioni o contestazioni.

Sebbene la norma non qualifichi espressamente tale termine come perentorio, la giurisprudenza e la dottrina più avveduta ne riconoscono la natura ordinatoria, ossia funzionale al regolare e ordinato svolgimento del procedimento. La mancata previsione della perentorietà non implica, infatti, che il decorso del termine sia del tutto irrilevante o privo di conseguenze. Al contrario, la scadenza del termine senza l’intervento di un’istanza di proroga impedisce la valida proposizione di osservazioni o contestazioni tardive, le quali devono ritenersi inammissibili.

In questo contesto, assume rilevanza l’articolo 154 del codice di procedura civile, il quale consente la proroga dei termini ordinatori solo se la relativa richiesta viene presentata prima della loro scadenza. Applicando tale principio alla ristrutturazione dei debiti del consumatore, si deve concludere che i venti giorni previsti per l’intervento dei creditori possono sì essere prorogati, ma solo su istanza tempestiva, ovvero anteriormente alla scadenza del termine stesso.

Pertanto, in assenza di una richiesta di proroga presentata nei termini di legge, qualsiasi osservazione o contestazione – anche riferita al parametro della convenienza – proposta oltre il limite temporale fissato dall’art. 70, co. 3, CCII, risulta irricevibile, e dunque non può essere presa in considerazione dal giudice nella fase di omologazione della proposta. La tardività comporta quindi una decadenza sostanziale dal potere di contestare, a tutela della certezza e speditezza del procedimento.

In sintesi, sebbene il termine di venti giorni non sia formalmente qualificato come perentorio, la sua osservanza è comunque obbligatoria ai fini della ritualità della partecipazione procedimentale dei creditori. Solo il rispetto del termine, o una sua proroga tempestivamente ottenuta, consente l’ammissione delle osservazioni nel giudizio.

Le Vendite nella Liquidazione Controllata: Procedura, Garanzie e Finalità

Le Vendite nella Liquidazione Controllata: Procedura, Garanzie e Finalità

Con l’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 14/2019), la liquidazione controllata ha sostituito la vecchia liquidazione del patrimonio prevista dalla Legge sul sovraindebitamento. Si tratta di una procedura destinata ai soggetti non fallibili (come persone fisiche, professionisti, imprenditori sotto soglia), volta a soddisfare i creditori attraverso la vendita dei beni del debitore sotto la supervisione del tribunale.

Uno degli aspetti centrali della procedura è la liquidazione dell’attivo, ovvero la vendita dei beni del debitore.

Il tribunale, con il decreto di apertura della liquidazione controllata, nomina un liquidatore, al quale compiti fondamentali tra cui:

  • La redazione dell’inventario dei beni;
  • La gestione e custodia dei beni;
  • La programmazione e realizzazione delle vendite.

Le vendite non possono essere effettuate liberamente, ma devono seguire criteri di trasparenza, pubblicità e massimizzazione del ricavato.

Le vendite possono avvenire con le seguenti modalità:

  • All’asta pubblica: è la modalità preferenziale, per garantire concorrenza e trasparenza.
  • Tramite trattativa privata, solo se autorizzata dal giudice, ad esempio per beni di scarso valore o in caso d’urgenza.
  • Con affidamento a soggetti specializzati (es. portali di aste telematiche), per aumentare la visibilità e l’efficienza del processo.

Ciò al fine di rispettare alcune tutele, in particolare:

  • Pubblicità: Le vendite devono essere adeguatamente pubblicizzate, soprattutto per i beni immobili o di valore rilevante.
  • Stima: Il liquidatore deve avvalersi, se necessario, di periti o esperti per determinare il valore dei beni.
  • Divieto di vendita sottocosto: Le offerte inferiori al valore stimato possono essere accettate solo in casi motivati e previa autorizzazione.

La vendita effettuata nell’ambito della liquidazione controllata ha effetti liberatori per l’acquirente:

  • Trasferisce la proprietà del bene libero da vincoli, ipoteche o pignoramenti (salvo diversa previsione).
  • Estingue eventuali diritti di prelazione (es. ipoteche) sul bene, trasferendoli sul prezzo ricavato.

Questo garantisce maggiore appetibilità all’acquisto e tutela gli interessi del ceto creditorio.

Il ricavato delle vendite è destinato:

  1. Al pagamento delle spese della procedura;
  2. Alla soddisfazione dei creditori secondo il piano di riparto predisposto dal liquidatore e approvato dal giudice.

Nel caso resti un’eccedenza dopo il pagamento integrale dei creditori, questa può tornare al debitore.

Conclusioni

La vendita dei beni nella liquidazione controllata è un momento cruciale della procedura, disciplinato da norme rigorose che garantiscono trasparenza, correttezza e massimizzazione del valore per i creditori. Il coinvolgimento del giudice e del liquidatore professionale serve a evitare abusi e a preservare la fiducia nella procedura, rendendola uno strumento efficace anche per chi non ha accesso alle procedure fallimentari tradizionali.

Concordato minore con sola finanza esterna

Concordato minore con sola finanza esterna

Il concordato minore ex art 74 c. 2 CCII in assenza di beni, come confermato con il correttivo ter, può essere proposto anche mediante esclusivo apporto di finanza esterna che aumenti l’attivo disponibile destinato ai creditori, rispetto all’alternativa liquidatoria.

Un requisito sostanziale per l’omologa del concordato, che dovrà essere valutato dal Giudice sulla base del ricorso, della relazione del Gestore OCC e della documentazione allegata, è la meritevolezza in capo al debitore.

Modifiche dopo l’omologazione della proposta nel Concordato Minore

Modifiche dopo l’omologazione della proposta nel Concordato Minore

Nel contesto del concordato minore, al debitore che abbia conseguito l’omologazione della proposta in continuità aziendale o professionale deve essere riconosciuta, ai sensi dell’art. 118-bis del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), la facoltà di apportare modifiche al piano nel corso della sua esecuzione, al fine di adeguarlo alle mutate condizioni economico-patrimoniali.
In particolare, qualora l’attività d’impresa generi flussi reddituali superiori rispetto a quelli stimati nel piano omologato, il debitore potrà destinare tali eccedenze al soddisfacimento dei creditori, prevedendo pagamenti in misura superiore rispetto a quanto originariamente stabilito, ferma restando la salvaguardia delle percentuali di soddisfacimento indicate nella proposta approvata.

Trattamento crediti tributari e previdenziali nel concordato minore

Trattamento crediti tributari e previdenziali nel concordato minore

Nel concordato minore trovano applicazione le disposizioni sostanziali sul trattamento dei crediti tributari e previdenziali previste dall’art. 88, comma 1, secondo e terzo periodo, del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII). Tale norma stabilisce il divieto di riservare a tali crediti un trattamento deteriore rispetto a quello previsto per gli altri crediti chirografari, oppure – in presenza di suddivisione in classi – rispetto ai crediti cui è riconosciuto un trattamento più favorevole.
Questo principio si applica in virtù del rinvio operato dall’art. 74, comma 4, CCII alla disciplina del concordato preventivo. Non sarebbe infatti ragionevole, in assenza di un’espressa previsione normativa, consentire che debiti di natura pubblicistica, come quelli tributari e previdenziali, siano soddisfatti in misura inferiore rispetto agli altri crediti chirografari.