da Natascia Bombardini | Mag 16, 2025 | Liquidazione controllata, Sovraindebitamento
Nella procedura di liquidazione controllata, il Liquidatore deve accertare con rigore i crediti insinuati allo stato passivo, rispettando le cause di prelazione e contestando eventuali pretese infondate. Se i crediti derivano da rapporti di consumo, è tenuto a esaminare d’ufficio i contratti per individuare clausole vessatorie, che non vincolano il consumatore e rendono inefficace il credito collegato. L’obiettivo è garantire correttezza e massima tutela per il debitore e i creditori.
Nel caso in cui il credito derivi da rapporti di consumo, il Liquidatore è tenuto a esaminare d’ufficio il contratto stipulato tra il consumatore e il professionista, valutando la possibile presenza di clausole vessatorie ai sensi degli articoli 33 e seguenti del Codice del Consumo. Tale verifica è necessaria per assicurare al consumatore il più elevato livello di tutela, in conformità con l’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (si veda, tra le altre, la sentenza del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco).
Secondo la normativa europea e nazionale vigente, le clausole ritenute vessatorie non possono essere vincolanti per il consumatore. Pertanto, qualora tali clausole comportino un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti e incidano sulla pretesa creditoria oggetto di insinuazione al passivo, esse dovranno essere considerate inefficaci ai fini dell’ammissione al passivo stesso.
da Natascia Bombardini | Mag 10, 2025 | Sovraindebitamento
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) ha introdotto significative novità nell’ambito delle procedure rivolte ai soggetti non fallibili, tra cui le persone fisiche sovraindebitate. Tra queste, una delle più rilevanti è la possibilità, espressamente prevista dall’art. 74, comma 2, CCII, di proporre un concordato minore di natura liquidatoria fondato interamente su finanza esterna, anche quando tale supporto economico provenga da un familiare del debitore ed è articolato in un piano rateale di pagamenti.
Tale previsione normativa rappresenta un’evoluzione importante nel sistema delle soluzioni alla crisi da sovraindebitamento, in quanto consente al debitore di accedere comunque alla procedura anche nel caso in cui non disponga di beni propri da liquidare per soddisfare, almeno in parte, i creditori. La ratio è quella di favorire il risanamento o l’uscita regolata dalla crisi attraverso l’impiego di risorse esterne, purché queste siano certe, documentabili e concretamente disponibili al momento della proposta.
In questo contesto, la provenienza familiare della finanza esterna non costituisce un ostacolo all’ammissibilità della proposta, a condizione che venga chiaramente dimostrato che i fondi promessi sono effettivamente a disposizione e che i pagamenti previsti dal piano siano sostenibili nel tempo. Infatti, la valutazione del tribunale e dell’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) si concentrerà su diversi aspetti fondamentali: la coerenza generale della proposta, la concreta disponibilità dei mezzi finanziari esterni, la solidità degli impegni assunti da eventuali terzi garanti, e la credibilità del piano di rimborso.
L’adozione di una tale soluzione risponde alla duplice esigenza di tutelare, da un lato, la posizione del debitore che, pur privo di beni aggredibili, dimostri una volontà seria e documentata di risolvere la propria situazione debitoria; dall’altro, i diritti dei creditori, i quali devono poter contare su un piano di soddisfazione, seppur parziale, fondato su presupposti realistici e verificabili.
In definitiva, il concordato minore finanziato da terzi, anche attraverso contributi familiari, si configura come uno strumento flessibile ed efficace, capace di coniugare la finalità solidaristica del sistema con la necessaria tutela dell’affidamento dei creditori. Resta comunque centrale, in fase di omologazione, il ruolo del tribunale e dell’OCC nella verifica della fattibilità e della serietà della proposta, al fine di evitare che l’accesso allo strumento venga distorto da iniziative prive di concreta sostenibilità economica.
altri articoli sul tema https://www.sovraindebitamentoecrisidimpresa.it/il-concordato-minore-cose-e-chi-puo-accedervi/, https://www.sovraindebitamentoecrisidimpresa.it/concordato-minore-in-continuita-ammissibile-anche-solo-con-finanza-esterna/
da Natascia Bombardini | Mag 9, 2025 | Sovraindebitamento
In base a quanto stabilito dall’articolo 270, comma 2, lettera f), del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), il Tribunale ha l’obbligo di disporre la pubblicazione della sentenza relativa all’apertura della procedura sul proprio sito istituzionale, oppure, in alternativa, sul portale ufficiale del Ministero della Giustizia. Questa disposizione normativa rappresenta un chiaro esempio della volontà del legislatore di garantire un adeguato livello di pubblicità e trasparenza nelle procedure relative alla crisi d’impresa e all’insolvenza, in un’ottica di tutela dell’interesse generale del mercato e dei creditori coinvolti.
Tale previsione si colloca in linea di continuità con quanto precedentemente disposto dal decreto n. 22 del 2021. In quell’occasione, infatti, il Presidente del Tribunale – operando nell’ambito della disciplina previgente, dettata dalla legge n. 3 del 2012 in materia di composizione della crisi da sovraindebitamento – aveva già posto in evidenza la necessità di contemperare due esigenze fondamentali: da un lato, il diritto all’informazione e alla trasparenza, soprattutto nell’interesse dei terzi e dei creditori; dall’altro, la tutela della riservatezza e della dignità personale del debitore, spesso soggetto a una situazione di difficoltà economica non derivante da dolo o colpa grave.
In tale contesto, era stato disposto che la pubblicazione del decreto di apertura della procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, o della sentenza di apertura della liquidazione controllata, avesse una durata limitata a sei mesi, e che il giudice ordinasse alla cancelleria l’oscuramento dei dati sensibili contenuti nel ricorso e nel provvedimento. Va inoltre precisato che, secondo il nuovo quadro normativo, è prevista la pubblicazione della sola sentenza e non anche del ricorso.
Al seguente link https://www.sovraindebitamentoecrisidimpresa.it/news/ altri articoli in tema di sovraindebitamento
da Natascia Bombardini | Mag 1, 2025 | Liquidazione controllata, Sovraindebitamento
La determinazione della soglia minima di beni necessari al mantenimento del debitore e della sua famiglia (art. 268, comma 4, lett. b, CCII) è affidata alla valutazione discrezionale del Tribunale, da effettuarsi caso per caso, bilanciando gli interessi in gioco.
Tale soglia non deve limitarsi alle sole esigenze alimentari, ma deve garantire una vita dignitosa e fungere anche da incentivo al lavoro. Tuttavia, non può spingersi fino al livello del tenore di vita costituzionalmente adeguato (art. 36 Cost.), tenendo conto della condizione del debitore nei confronti dei creditori.
Il Tribunale può basarsi su parametri oggettivi come:
- la soglia di povertà assoluta ISTAT,
- la spesa media mensile,
- l’assegno sociale INPS.
Inoltre, deve considerare anche il contributo economico dei familiari o conviventi, che si presume proporzionale al loro reddito, nella valutazione della quota di reddito da escludere dalla procedura.
Altri articoli sulla liquidazione controllata: https://www.sovraindebitamentoecrisidimpresa.it/determinazione-della-quota-reddito-nella-disponibilita-del-debitore/
da Natascia Bombardini | Apr 30, 2025 | Liquidazione controllata, Sovraindebitamento
Deve ritenersi inammissibile l’istanza con cui il debitore richiede l’applicazione delle misure protettive previste dagli articoli 70, comma 4, e 78, comma 3, lettera d), del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), qualora tale richiesta sia formulata congiuntamente al ricorso per l’apertura della procedura di liquidazione controllata ai sensi dell’articolo 268 CCII. Infatti, la normativa vigente non consente al debitore, che sia egli stesso l’istante della procedura di liquidazione controllata, di beneficiare delle misure protettive in questa fase.
Tale facoltà, come si evince dal dettato normativo, è riservata al solo caso in cui la domanda di apertura della liquidazione controllata sia proposta da un creditore. In questa ipotesi, infatti, il legislatore ha previsto la possibilità di assegnare al debitore un termine per valutare e presentare un’eventuale domanda di accesso a una procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza disciplinata dal capo II del titolo IV del CCII. È solo in tale circostanza – ovvero in presenza della concessione di un termine da parte del tribunale – che può essere disposta l’applicazione delle misure protettive a tutela del patrimonio del debitore.
A conferma di ciò, si richiama il tenore letterale dell’articolo 271 CCII, che chiaramente stabilisce come le misure protettive possano essere adottate esclusivamente nel contesto della concessione di un termine per la presentazione della domanda di accesso a una delle procedure previste dal citato capo II del titolo IV. In mancanza di tale presupposto – come avviene nel caso in cui il debitore formuli direttamente la domanda di apertura della liquidazione controllata – non vi è spazio per l’attivazione del meccanismo protettivo, risultando pertanto l’istanza giuridicamente infondata e inammissibile.