Obbligo di buona fede

Obbligo di buona fede

Il Decreto Correttivo n. 136/2024 ha modificato i commi 1 e 4 dell’articolo 4 del Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza (CCII) dettato in merito ai doveri delle parti coinvolte nel sovraindebitamento al fine di chiarire che tutti i soggetti interessati alla regolazione della crisi e dell’insolvenza sono tenuti a collaborare lealmente con creditori, debitore ed esperto nella Composizione Negoziata. Ne consegue che non si può pretendere buona fede dalla società e dai creditori se anche soci e garanti, anch’essi parte attiva nel risanamento, non adottano un comportamento improntato a correttezza e trasparenza. Allo stesso modo, va censurata la condotta del creditore che, durante la pendenza della Composizione Negoziata, abbia azionato il titolo esecutivo nei confronti dei garanti, violando così il dovere di buona fede e correttezza sancito dall’art. 4 CCII.

Ammissione allo stato passivo del credito dell’OCC nel caso in cui il gestore sia anche liquidatore

Ammissione allo stato passivo del credito dell’OCC nel caso in cui il gestore sia anche liquidatore

Il compenso spettante all’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e, successivamente, al liquidatore viene liquidato dal giudice competente al termine della procedura in conformità ai parametri stabiliti dal D.M. n. 202 del 2014. Tale liquidazione avviene tenendo in considerazione eventuali accordi economici che siano stati previamente concordati tra l’Organismo e il debitore, i quali possono influenzare l’ammontare del compenso stesso.

Nell’ambito della determinazione del compenso, è possibile applicare in via analogica quanto disposto dagli artt. 71, comma 4, e 81, comma 4, del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), ai sensi dell’art. 275, comma 3, del medesimo Codice. Tale disciplina consente di assicurare una coerenza interpretativa e applicativa delle norme in materia di compensi spettanti ai soggetti incaricati della gestione delle procedure concorsuali.

È inoltre prevista la possibilità che il giudice proceda alla liquidazione di acconti nel corso della procedura stessa, qualora sussistano giustificati motivi che ne rendano necessaria l’erogazione anticipata. Tale eventualità è stata riconosciuta da diverse pronunce giurisprudenziali, tra cui quelle del Tribunale di Verona del 30 settembre 2024, del Tribunale di Rimini del 30 maggio 2024 e del Tribunale di Torino del 7 maggio 2024, le quali hanno confermato la legittimità di una liquidazione parziale del compenso prima della conclusione della procedura, laddove vi siano esigenze che ne giustifichino l’anticipazione.

Va infine sottolineato che l’eventuale presenza di indicazioni difformi contenute nello stato passivo non assume rilievo ai fini della determinazione del compenso spettante all’OCC e al liquidatore, non potendo tali indicazioni costituire un elemento ostativo rispetto alla liquidazione stabilita dal giudice sulla base dei criteri normativi di riferimento.

Determinazione della quota reddito nella disponibilità del debitore

Determinazione della quota reddito nella disponibilità del debitore

A seguito dell’apertura della liquidazione controllata ex art. 270 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), il Tribunale è tenuto a stabilire la quota di reddito che il debitore potrà trattenere per il sostentamento proprio e del proprio nucleo familiare. Tale valutazione viene svolta sulla base della documentazione allegata al ricorso, in particolare le ultime buste paga e le dichiarazioni dei redditi, nonché sulla base dell’analisi effettuata da parte del gestore OCC.

L’obiettivo della Direttiva Insolvency su cui verte il Codice della Crisi così come modificato ed integrato, è quello di concedere una seconda opportunità al sovraindebitato “fresh start”, incentivando la produzione di reddito e favorendo pertanto l’intera economia; il limite disposto dovrà quindi tener conto dell’apporto dei familiari conviventi, ma altresì favorendo il debitore ad incrementare le proprie entrate, prendendo come soglia di riferimento le tabelle ISTAT.

Imprenditore individuale e distinzione tra debiti civili e commerciali

Imprenditore individuale e distinzione tra debiti civili e commerciali

Se l’impresa è esercitata in forma individuale, non vi è distinzione tra la persona fisica e l’imprenditore. Di conseguenza, il patrimonio dell’imprenditore è unico e rappresenta la garanzia patrimoniale ai sensi dell’art. 2740 c.c. Pertanto, nel calcolo delle soglie per l’apertura della liquidazione giudiziale, così come nella determinazione dell’attivo, rientrano anche i beni e i crediti personali dell’imprenditore.

L’ordinamento, infatti, non opera una distinzione tra i debiti dell’imprenditore individuale in base alla loro natura, sia essa commerciale o civile. In tal caso non si effettua quindi una distinzione tra debiti civili e debiti commerciali.

Valutazione della condotta del debitore nella procedura di concordato minore

Valutazione della condotta del debitore nella procedura di concordato minore

Secondo un recentissimo orientamento espresso dalla Suprema Corte, la valutazione del comportamento del debitore riveste un ruolo di primaria importanza nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento. In particolare, le cause che hanno determinato la situazione di indebitamento non possono essere ignorate, poiché incidono in modo significativo sulla valutazione della fattibilità del piano proposto, soprattutto in relazione all’affidabilità del soggetto che lo presenta.

La condotta pregressa del debitore deve infatti essere attentamente analizzata per comprendere se il piano proposto sia effettivamente sostenibile e se possa realmente assolvere alla sua funzione causale, ovvero garantire il superamento della crisi finanziaria attraverso soluzioni concrete ed efficaci. Tale valutazione impone inevitabilmente un giudizio di carattere prognostico sulla capacità del proponente di rispettare gli impegni assunti e di eseguire correttamente il piano, considerandone non solo la sostenibilità economica ma anche l’affidabilità personale.

In questo contesto, diviene quindi essenziale esaminare le ragioni alla base della crisi, il comportamento tenuto dal debitore nel tempo e la sua attitudine a gestire le proprie obbligazioni in modo responsabile. Solo attraverso questa analisi approfondita è possibile determinare se il piano meriti di essere approvato e se possa effettivamente costituire uno strumento efficace per il riequilibrio della posizione debitoria del proponente.