Scioglimento del vincolo sociale a seguito di apertura della liquidazione

Scioglimento del vincolo sociale a seguito di apertura della liquidazione

L’apertura della liquidazione controllata comporta, automaticamente, l’esclusione del socio dalla società di persone, come stabilito dall’art. 2288 del Codice Civile.

Di conseguenza, il socio ha diritto a ottenere la liquidazione della propria quota, il cui onere ricade sulla società e sugli altri soci, entro sei mesi dal verificarsi della causa di scioglimento, in conformità all’art. 2289 c.c.
Pertanto, il liquidatore dovrà prestare particolare attenzione alla gestione delle vicende riguardanti la società in nome collettivo (s.n.c.) di cui il debitore fa parte, allo scopo di includere nell’attivo della procedura il valore derivante dalla liquidazione della quota sociale spettante al debitore.

Assenza di beni o esdebitazione dell’incapiente nella liquidazione controllata

Assenza di beni o esdebitazione dell’incapiente nella liquidazione controllata

L’interpretazione letterale dell’art. 268 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) consente di risolvere la tematica sulla possibilità o meno dell’ammissione alla procedura di liquidazione controllata in assenza di beni, anche futuri. Dall’articolo si evince la mancata possibilità di accedere a tale procedura senza beni liquidabili, poiché è previsto esplicitamente che il sovraindebitato possa richiedere la liquidazione “dei suoi beni”, siano essi presenti o futuri, ma comunque esistenti.

Ne consegue che non sarà possibile chiedere l’accesso alla procedura di liquidazione controllata in assenza di beni attuali e/o futuri, ma occorrerà richiedere di avvalersi dello strumento dell’esdebitazione dell’incapiente, messo a disposizione proprio per quei soggetti sovraindebitati che non hanno la disponibilità di un patrimonio liquidabile.

Tale interpretazione rispetta anche il principio generale dell’economicità della procedura, dal momento che appare inutile ed antieconomico aprire una procedura di liquidazione controllata, essendo già a conoscenza che non sono presenti beni da liquidare, in considerazione dei costi relativi a tale procedura.

Si veda altri articoli sul tema https://www.sovraindebitamentoecrisidimpresa.it/la-liquidazione-controllate-delle-societa-di-persone-in-assenza-di-beni/

Beni sopravvenuti all’apertura della procedura ed effetto automatico di esdebitazione

Beni sopravvenuti all’apertura della procedura ed effetto automatico di esdebitazione

La disciplina prevista per la liquidazione giudiziale dall’art. 142, comma 2, del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), secondo cui “sono compresi nella liquidazione giudiziale anche i beni che pervengono al debitore durante la procedura, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi,” trova applicazione anche nella liquidazione controllata. Ciò avviene in virtù di quanto stabilito direttamente dall’art. 268, comma 4, lettera b), CCII, che, a contrario, consente di includere nella procedura minore le quote di stipendi e pensioni eccedenti «quanto occorre al mantenimento» del debitore sovraindebitato e della sua famiglia. Tali prestazioni, rappresentando crediti esigibili periodicamente, rientrano nella logica dell’art. 2740 del codice civile, il quale dispone che «il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri».

Il limite temporale dell’esdebitazione

L’esdebitazione introduce un duplice vincolo temporale nella gestione dei beni sopravvenuti del debitore. Da un lato, pone un termine massimo entro il quale tali beni possono essere appresi. Dall’altro, in presenza di crediti concorsuali non ancora soddisfatti prima del decorso del triennio, stabilisce indirettamente un termine minimo per la loro acquisizione.

In particolare, qualora il soddisfacimento dei crediti concorsuali e delle spese della procedura richieda l’acquisizione di beni sopravvenuti (inclusi i crediti futuri o non ancora esigibili), i liquidatori, salvo il completo soddisfacimento attraverso la vendita di beni già disponibili o la cessione di crediti futuri, devono predisporre un programma di liquidazione che sfrutti integralmente il periodo antecedente all’esdebitazione. Questo programma deve avere, quindi, una durata non inferiore al triennio.

Ruolo del giudice delegato

Di conseguenza, il giudice delegato può esercitare un potere di controllo, ai sensi dell’art. 272, comma 2, CCII, sulla approvazione del programma di liquidazione, sindacando eventuali previsioni che fissino un termine di acquisizione dei beni sopravvenuti inferiore al periodo minimo stabilito dall’esdebitazione, qualora tale termine risulti insufficiente a soddisfare integralmente i creditori concorsuali.

 

Accesso negato solo in caso di colpa grave, malafede o frode alle procedure di sovraindebitamento

Accesso negato solo in caso di colpa grave, malafede o frode alle procedure di sovraindebitamento

Si considerano superate le soluzioni interpretative dell’art 12 L. 3/2012 con l’introduzione dell’art. 69 CCII. Tali soluzioni interpretative consideravano il consumatore meritevole solo se le obbligazioni assunte fossero proporzionate alle capacità patrimoniali, data la ragionevole prospettiva di adempimento, ad eccezione di eventi sopravvenuti non imputabili.

Secondo l’art. 69 CCII, quando si valutano le condizioni soggettive ostative alla ristrutturazione dei debiti del consumatore, conserva rilievo la sproporzione originaria tra capacità reddituali-patrimoniali ed obbligazioni assunte, soprattutto quando è palese e manifesta. Tuttavia, la nuova regola di giudizio normativa, quando si valutano complessivamente tutti gli elementi della relazione dell’OCC, prevede che, solo in caso di condotta particolarmente censurabile in termini di colpa grave, malafede o frode, venga escluso l’accesso alla procedura.

Ristrutturazione dei debiti del consumatore con debiti promiscui

Ristrutturazione dei debiti del consumatore con debiti promiscui

Non vi è previsione espressa dell’art. 65 del CCII né se il passivo di una persona fisica è costituito da obbligazioni consumeristiche e commerciali, ossia sia promiscuo; né se in questo caso vi è la possibilità per il debitore di accedere alla procedura disciplinata dagli artt. 65 e ss cci (piano del consumatore), o se obbligatoriamente deve far ricorso alla sola procedura prevista dall’ art. 268 ss cci (liquidazione controllata), o, in alternativa, se vi è la possibilità, in base al passivo considerato, di accedere all’una o all’altra procedura.

L’art. 2, primo comma, lettera e) del ccii, definisce il consumatore come la “persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una società” – snc, sas e sapa – “per i debiti estranei a quelli sociali”.

L’interpretazione di suddetto articolo prevede nel caso di passivo da ristrutturare promiscuo che i creditori abbiano diritto di voto, espresso a maggioranza, quindi abbiano la possibilità di rifiutare la proposta del debitore attraverso un loro atto di volontà, data la necessità di essere tutelati, anche se i debiti derivanti da attività imprenditoriale e/o commerciale riguardano un’attività cessata. Pertanto il debitore potrà accedere, nel caso in cui ricorrano le condizioni, alla procedura prevista all’art 74 o, in alternativa, a quella prevista all’art. 268.